Time Under Tension – Massimizzare la forza, minimizzare il rischio

Nel mondo del fitness e dell’allenamento, a corpo libero e con i pesi, assistiamo ad una costante ricerca del metodo miracoloso per ottenere tutto e subito. Nel corso delle centinaia di anni di studi ed esperimenti sembra che, non solo questi miracolosi protocolli non esistano, ma le soluzioni per massimizzare i risultati risiedano nei principi più semplici ed antichi della storia della performance umana.

Il “time under tension” è l’applicazione nel mondo dell’allenamento calistenico, e di quello con sovraccarichi, di un assunto scientificamente ormai inconfutabile, accentuare lo stimolo alla crescita muscolare mettendo a fuoco quanto tempo quel muscolo rimane effettivamente in uno stato di attivazione.

Ecco la scaletta dei dettagli che potrai leggere in questo articolo.

Cosa significa “Time under tension”

La traduzione in italiano è “tempo sotto tensione”. Il significato di questo termine si può intuire ed è l’espressione del principio per cui un muscolo viene allenato e stimolato ogni qualvolta viene posto sotto tensione, ovvero viene ingaggiato. L’elemento sottolineato in questo modello di lavoro è il tempo, la domanda chiave che caratterizza l’allenamento è: “quanto tempo manterrò sotto tensione quel muscolo?”. La risposta, in questo contesto, farà tutta la differenza. Scoprire quanto sarai in grado tollerare una tensione costante, con esecuzioni molto lente, sarà il tuo ago della bilancia.

Origini, sport e discipline.

Le arti marziali più antiche, pensiamo al Kung-fu, il Karate, il Judo e il Jiu-jitsu, hanno sicuramente già messo in atto questa modalità di potenziare il corpo, attraverso la tensione creata sfruttando movimenti molto lenti o addirittura statici. Se pensiamo ad alcune movenze di Bruce-Lee, notiamo come riuscisse ad accumulare una tensione incredibile, canalizzandola per mezzo di movimenti molto lenti e controllati, per poi esprimerla solo successivamente in azioni esplosive. In particolare nel mondo marziale, notiamo come anche l’assenza di sovraccarichi esterni voluminosi e appariscenti, abbia dato vita a guerrieri e lottatori dotati di una forza fuori dal comune.

La seconda area, molto più recente, in cui è facile rintracciare l’applicazione del tempo sotto tensione, in questo caso già riconosciuta con questo nome, è il mondo del culturismo. Nel bodybuilding la necessità di essere molto forti è un requisito fondamentale, questo permette di accedere ad uno sforzo maggiore e quindi produrre un aumento di volume muscolare più facilmente. Sin dai primi anni in cui la cultura del corpo iniziò a diffondersi, si sperimentò la strategia del rallentamento estremo di alcuni esercizi, questo si traduceva in un danno muscolare maggiore e così un potenziale vantaggio della crescita nel momento del riposo.

La modernità e la scienza ci hanno dato la possibilità di studiare a fondo le variabili di questo metodo, un sacco di dettagli e di intuizioni hanno dato vita ad una letteratura scientifica immensa. Oggi è semplice reperire libri che ne raccontano l’efficacia.

Ti consigliamo per esempio questo testo “Body by Science” di John Little e Doug McGuff.

Rallentare movimenti ed esecuzioni.

La questione principale, come ormai avrai compreso, verte sulla capacità di eseguire lentamente i tuoi esercizi, ma c’è molto di più. Una serie di dettagli potranno fare la differenza, andare semplicemente a rallentatore non garantirà il successo.

I due fattori molto rilevanti da definire per ottimizzare questo metodo sono il carico e l’arco di movimento (“range” di movimento, detto anche ROM).

Quando esegui un esercizio devi assicurarti che la tensione muscolare, oltre ad essere continua per il tempo prefissato, dovrà arrivare anche ad un certo grado di intensità. Sollevare una bottiglietta di acqua da mezzo litro in 30 secondi è un esercizio in tempo sotto tensione, ma la tensione sviluppata sarà ridicola per quasi ogni utente sul pianeta. Nello stesso tempo applicare questo modello a esercizi con sovraccarichi molto importanti è molto delicato e pericoloso.

Il secondo fattore è legato al vero e proprio arco di movimento che decidi di compiere attraverso l’esecuzione, tutti i punti in cui lo stress is accumula più sulle articolazioni che sulla muscolatura e quelli in cui la tensione si disattiva vanno identificati e appositamente evitati.

Quest’ultimo paragrafo esprime chiaramente come il “fai da te” non sarà una scelta intelligente nella maggior parte dei casi.

Il paradosso: rallentare per velocizzare i risultati.

Uno degli aspetti aspetti più interessanti del “time under tension” è che si oppone ad una tendenza ormai consolidata e automatica, soprattutto fra i principianti, che prevede l’equazione fra numero di ripetizioni e risultati. Questa illusione produce la necessità di eseguire tutto molto velocemente, e spesso in modo approssimativo e pericoloso per le articolazioni, ci si affanna così alla ricerca di un accumulo massimale di ripetizioni, per bruciare di più oppure pompare di più la muscolatura.

Due riflessioni ti faranno definitivamente demolire questa credenza.

La prima è legata al fatto che velocizzare le ripetizioni in 9 casi su 10 permette a chi pratica di eliminare i momenti in cui si fa più fatica nell’esercizio o comunque minimizzarli, e tutto questo è contro-produttivo.

La seconda riguarda il fatto che, come sottolineato sopra, il muscolo non conta le ripetizioni ma registra il tempo e il carico di tensione. In conclusione, i tuoi muscoli non se ne fanno niente del numero di ripetizioni, per crescere e migliorare composizione corporea essi vogliono tempo di tensione e una esecuzione tecnica che dia modo di generare forza.

Aspetto meditativo, rimanere vigili.

Non appena inizierai a praticare utilizzando questo metodo nelle sue diverse forme, noterai che perdendo l’attenzione non sarai in grado di mantenere le premesse/promesse del tuo programma.

Proprio per questo si ha la sensazione che alcune sessioni in time under tension siano una via di mezzo fra meditazione e allenamento.

Una minima distrazione vi porterà a rendere automatica la velocità di esecuzione e inevitabilmente velocizzarla. Sarà infatti indispensabile rimanere connessi al proprio corpo e accompagnarlo ad ogni singola ripetizione. Proprio per questo, pensare alla spesa o alle bollette del mese non sarà possibile, da qui il suo carattere meditativo.

È importante sottolineare che l’automatismo del corpo nel rendere i gesti meno faticosi possibili è qualcosa di molto prezioso e indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo. Nonostante ciò,  quando vogliamo creare uno stimolo allenante veramente efficace, dobbiamo opporci ad alcuni principi di economia energetica che nella vita quotidiana sono fondamentali.

Stare nella fatica, accettarla, tollerarla.

Temprare la propria mente a rimanere all’interno di un movimento lento, controllato e pulito tecnicamente può essere davvero una sfida da molti punti vista: fisico, psicologico, meccanico e cardiovascolare.

Il TUT è un approccio per chi vuole far fruttare le proprie abilità nascoste da anni di pigrizia e dalla paura di abbracciare un secondo in più di fatica per fortificare il proprio corpo.

Comprendere, condizionare, progredire. Questi i tre termini importanti se volessimo dividere il processo che ti porterà a sfruttare al massimo questo metodo di allenamento, in tre semplici fasi.

Comprendere il senso del tempo sotto tensione e la struttura del tuo programma, interfacciandoti con equipe o preparatori qualificati, questo è senza dubbio il primo tassello per darti la giusta motivazione psicologica e logica. La lettura attenta di questo articolo è un buon punto di partenza.

Inizierai così il tuo programma con una visione chiara. A questo punto, sessione dopo sessione, si condiziona il muscolo a tollerare lo stress e la mente a tollerare la fatica, un piccolo passo ad ogni seduta di training.

Infine, ottenuta una certa confidenza, ti sarà molto semplice misurare i miglioramenti del tuo corpo in termini di prestazione e inevitabilmente anche in termini estetici. Il terzo tassello diventa proprio quello di ascoltare il corpo e comprendere quando è sotto-stimolato e quando invece si sta approssimando all’overtraining.

Se sei alla ricerca di un modello di lavoro che ti faccia ottenere risultati con il minor sforzo possibile, con la richiesta minore di impegno mentale, sicuramente il TUT non fa per te. Sappiamo tutti però che il 99% dei programmi che partono con le premesse appena scritte sopra sono fallimentari.

Benefici e caratteri pratici nell’allenamento

Il modello TUT, essendo applicabile a qualsiasi movimento ed essendo in grado di generare uno stimolo molto importante, senza l’ausilio di particolare attrezzatura, si rivela come il tuo miglior strumento di lavoro qualora volessi una soluzione praticabile ovunque e che non richieda una eccessiva complessità.

Facciamo un esempio molto pratico per darti la possibilità di comprendere al meglio come potresti tuffarti concretamente nell’applicazione di questo principio.

Ipotizziamo che tu abbia a disposizione 3 piccole sessioni settimanali di circa mezz’ora. Potremmo immaginare di identificare per ogni sessione un esercizio per la potenza delle gambe ed uno per la parte superiore del corpo e mantenere questo riferimento sempre, potendo variare il contenuto liberamente. Ad esempio, nella sessione del lunedì e del venerdì potresti praticare squat e piegamenti, mentre nella sessione del mercoledì utilizzare l’affondo e le trazioni alla sbarra o qualsiasi esercizio che fortifichi la tua schiena.

Teniamo a sottolineare che il come eseguire questi gesti farà tutta la differenza, in questo contesto si voleva però evidenziare come la sessione può essere semplice e intuitiva.

Maneggiare con cura

Un po’ come se fosse un farmaco naturale miracoloso, poniamo al termine gli effetti collaterali da abuso.

Il tempo sotto tensione può essere portato facilmente all’estremo per tutti coloro che sono dotati di una spiccata forza di volontà. Il fai da te sposato alla possibilità di utilizzare i pesi di un centro fitness, magari h24 e senza assistenti di sala, può rivelarsi tragico.

Il carattere particolare di questo metodo sta nel massimizzare lo stimolo al tuo sistema nervoso facendoti ottenere risultati notevoli in termini di forza, tonificazione e adattamento del metabolismo.

Proprio per questo suo carattere, senza la dovuta esperienza, sensibilità e conoscenza tecnica delle variabili è facile cadere nel tranello del “più fai meglio è”. Una trappola molto potente che ci induce a non occuparci in primis di costruire una visione a lungo termine. In quest’ultima sarà indispensabile considerare che il riposo del tuo corpo sarà tanto importante quanto il momento dello sforzo.

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